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#1 Perché l'integrale di convoluzione è chiamato in questo modo? Sfogliando alcuni manuali e testi di matematica ho trovato solo qualche incomprensibile cenno. (Daniele Cremonini)

Il termine convoluzione è utilizzato in matematica (convoluzione di funzioni, di serie di potenze, trasformate di convoluzione) in maniera aderente alla sua etimologia che deriva dalla forma latina convolutio con il significato di unione, legame (da con-voluere cioè, letteralmente, avvolgere, attorcigliare insieme). Un testo di riferimento su questo argomento è: W. Kecs: The convolution product and some applications, Reidel, 1982.

#2 Si è fatto spesso riferimento a soluzioni in forma chiusa. Di che si tratta? (Daniele Cremonini)

Una forma chiusa è una espressione che può venire calcolata (esattamente) in base alla conoscenza di un numero finito di quantità note (es. zeri dei polinomi di ordine 2 in funzione dei loro coefficienti). Va tuttavia rilevato che alcuni metodi forniscono relazioni chiuse che dipendono da quantità non ottenibili in tale modo; ad esempio, il metodo del polinomio interpolante per il calcolo di una funzione di matrice richiede la conoscenza degli autovalori della matrice che, in generale, possono venire calcolati solo con procedimenti iterativi.

#3 Come si risolvono, in generale, le equazioni differenziali non lineari? (Mirko Tedaldi)

Le soluzioni di tali equazioni vengono in genere calcolate in forma numerica facendo ricorso a varie classi di algoritmi (es. Runge-Kutta, Runge-Kutta-Fehlberg, Newton-Kantorovich, metodo delle sezioni, metodi di Kachanov ecc.). Metodi di questo tipo sono disponibili sia in ambiente Matlab (ode23, ode45) che in ambiente Mathematica (NDSolve).

#4 Non mi è molto chiara la regola che lei ha esposto a lezione riguardante la matrice P=[B AB....A(n-1)B] relativa alla lineare dipendenza delle sue colonne. Non riesco inoltre a capire l'importanza pratica di questa regola. (Stefano Lucente)

L'espressione della matrice di raggiungibilità che abbiamo ricavato si presta a tre considerazioni di carattere pratico particolarmente utili nel calcolo manuale non tanto e non solo di tale matrice ma, soprattutto, del sottospazio di raggiungibilità generato dalle sue colonne. La prima osservazione riguarda le sottomatrici AkB che risulta vantaggioso calcolare premoltiplicando per A il blocco precedente, evitando cioè il calcolo esplicito di Ak; tale modo di procedere riduce la mole di calcoli e la possibilità di errori. Le osservazioni relative alla lineare dipendenza delle colonne riducono, egualmente, i calcoli necessari alla determinazione di im(P). La prima osservazione riguarda la lineare dipendenza di tutti i blocchi successivi alla prima sottomatrice le cui colonne risultino tutte linearmente dipendenti dalle precedenti; è ovvio l'uso di tale risultato: anziché calcolare tutti i blocchi di P ed applicare l'algoritmo di Gram-Schmidt alle colonne di tale matrice, si calcolerà un blocco alla volta valutando la lineare dipendenza delle sue colonne dai vettori precedenti sospendendo la procedura quando si incontra un blocco le cui colonne siano tutte linearmente dipendenti dalle precedenti. La seconda osservazione riguarda la lineare dipendenza di tutti i vettori di posizione omologa nei blocchi successivi quando si osserva la lineare dipendenza (da tutti i vettori precedenti) di un singolo vettore all'interno di un blocco di P; l'uso pratico di tale proprietà, del tutto simile al precedente, consente di ridurre al minimo le operazioni necessarie al calcolo di una base del sottospazio di raggiungibilità. Esempi numerici di applicazione di tali regole sono riportati negli esercizi 1 (Raggiungibilità, osservabilità e stabilità) e 2 (Scomposizione di Kalman, forma minima).

#5 Vorrei sapere che cosa è una matrice ciclica e che ruolo ha nella raggiungibilità di un sistema con un unico ingresso. (Mirko Tedaldi)

Una matrice A (n x n) può venire definita ciclica quando consente di generare l'intero spazio mediante un unico generatore; in altri termini quando esiste un vettore v (n x 1) tale che la matrice [ v Av ... A(n-1)v ] sia di rango massimo. Un sistema dinamico dotato di un solo ingresso può risultare completamente raggiungibile solo se la relativa matrice dinamica è ciclica. Tale proprietà può venire espressa anche in altri modi, ad esempio facendo riferimento alla forma di Jordan o al polinomio minimo e a quello caratteristico della matrice (che risultano coincidenti per le matrici cicliche). In una matrice non ciclica la dimensione massima del sottospazio generato da un singolo generatore coincide con il grado del polinomio minimo.

#6 A lezione ho annotato questa proposizione: "Se un sottospazio è invariante rispetto alla trasformazione lineare descritta dalla matrice A, è invariante anche rispetto alle trasformazioni lineari descritte dalle funzioni di A". Questa proposizione è valida per qualunque matrice o solo in casi particolari? (Gabriele Tinti)

È immediato verificare come un sottospazio invariante rispetto alla trasformazione lineare descritta da una matrice A risulti invariante anche rispetto a quelle descritte da qualunque potenza di A; dalla definizione di funzione di matrice segue quindi la generalità della affermazione riportata.

#7 Cosa si intende per matrice propria e strettamente propria? (Luca Roffia)

Il termine si riferisce alle matrici razionali i cui elementi sono costituiti da rapporti di polinomi. Una matrice razionale è propria quando i gradi dei polinomi a denominatore non superano quelli dei corrispondenti polinomi a numeratore; strettamente propria quando i gradi dei polinomi a denominatore sono maggiori di quelli dei polinomi a numeratore.

#8 Non mi è chiaro perché, data una matrice singolare A, l'immagine inversa secondo A di un sottospazio X1 si ottenga mediante l'espressione pinv(A)B1 + ker(A), ove B1 indica una base di X1. Perchè si deve sommare il sottospazio ker(A)? (Gabriele Tinti)

Se v è un vettore tale che x1=Av appartenga ad X1, l'insieme dei vettori trasformati da A in x1 è costituito dalla varietà lineare definita da v e dal sottospazio ker(A). Da questa proprietà e da quelle delle basi segue immediatamente l'espressione indicata.

#9 Dai miei appunti risulta che se un autovalore, L, ha molteplicità ad esempio pari a 5, i corrispondenti blocchi di Jordan possono essere 1, 2, 3, 4 o 5. Nei cinque casi possibili allora avremmo nella diagonale immediatamente al di sopra di quella principale rispettivamente 4, 3, 2, 1 e 0 volte elementi eguali ad 1. L'esempio visto a lezione credo sia il seguente:

 L 1 0 0 0
 0 L 1 0 0
 0 0 L 0 0
 0 0 0 L 1
 0 0 0 0 L

dove L ha molteplicità algebrica 5 nel polinomio caratteristico e 3 nel polinomio minimo. Su un libro ho letto che nel blocco di Jordan relativo all'autovalore L deve esserci un numero di elementi uguali ad 1 pari alla molteplicità di L nel polinomio minimo diminuita di un'unità. Vorrei sapere se la forma di Jordan di una matrice assegnata è unica o se vi sono gradi di libertà. (Daniele Cremonini)

Esistono due tipi, essenzialmente equivalenti, di forme di Jordan; la prima, quella più comune, prevede elementi unitari al di sopra della diagonale principale, la seconda al di sotto. Al di là di questa scelta, la forma di Jordan di una matrice assegnata è unica a meno di una permutazione nell'ordine dei suoi blocchi. Per ogni autovalore il blocco di Jordan di dimensione massima segue la regola da lei indicata, ha cioè dimensione pari alla molteplicità dell'autovalore come zero del polinomio minimo; i restanti blocchi associati a tale autovalore avranno dimensioni ben precise per una matrice assegnata. La somma delle dimensioni di tutti i blocchi associati ad un autovalore è ovviamente pari alla molteplicità di tale autovalore come zero del polinomio caratteristico. La frase da lei riportata descrive solo parzialmente la situazione poiché descrive solo la dimensione del blocco di dimensione massima associato ad un autovalore.

#10 Perché una relazione di equivalenza è definita da una matrice simmetrica? (Gabriele Tinti)

La simmetria della matrice riflette la proprietà di simmetria di cui godono le relazioni di equivalenza.

#11 Perché se il polinomio minimo è uguale a quello caratteristico posso scrivere subito la forma di Jordan? (Vittorio Teglia)

Perché in tale caso vi è un solo blocco di Jordan associato ad ogni autovalore; la dimensione di tale blocco corrisponde quindi alla molteplicità del relativo autovalore come zero del polinomio caratteristico.

#12 Esiste un legame tra la conoscenza del polinomio caratteristico e la forma di Jordan di una matrice (senza conoscere né calcolare il polinomio minimo)? (Vittorio Teglia)

L'unico legame è costituito dagli autovalori e dalla loro molteplicità come zeri del polinomio caratteristico che costituisce, ovviamente, un limite superiore alla dimensione dei corrispondenti blocchi di Jordan.

#13 Si è detto che la forma di Jordan, J, di una matrice A può venire calcolata mediante una espressione del tipo J=T-1AT; vorrei sapere quale combiamento di base rappresenta T. (Vittorio Teglia)

Le colonne di T sono gli autovettori generalizzati di A. Può approfondire tale argomento, se di suo interesse, consultando, ad esempio il testo: K. Ogata, State space analysis of control systems, Prentice-Hall, Englewood Cliff, N.J., 1967.

#14 In quali casi il nullo della matrice Q è uguale all'immagine della trasposta di Q? (Cristiano Carretti)

Lo spazio nullo della trasformazione lineare descritta da una matrice, Q, è il complemento ortogonale dell'immagine della trasformazione lineare descritta dalla trasposta di Q; tali sottospazi non possono quindi essere eguali in nessun caso.

#15 Come posso calcolare gli autovalori di una matrice quando non riesco a determinare gli zeri del polinomio caratteristico (mi riferisco all'esercizio 4 del testo Teoria dei Sistemi: Esercizi e Applicazioni)? Potrebbe consigliarmi un testo che tratti in modo chiaro tali algoritmi? (Cristiano Carretti)

L'algoritmo più usato per il calcolo degli autovalori di una matrice è il Q-R; può trovarne una descrizione in Wilkinson, J.H. e Reinsch, C., Linear Algebra, vol. II di Handbook for Automatic Computation, New York, Springer Verlag, 1971, oppure in Golub, Gene H., e Van Loan, Charles F., Matrix Computations, Baltimora, Johns Hopkins University Press, 1983. Tale algoritmo non è orientato ad un calcolo manuale ma all'implementazione su calcolatore. L'ambiente di calcolo standard che si è imposto a livello mondiale nel settore dell'algebra lineare è il Matlab che è stato fornito a tutti gli allievi che hanno frequentato il corso nell'ambito di una Classroom Teaching License; i calcoli relativi all'esercizio cui lei fa riferimento sono stati svolti usando Matlab. Aggiungo che durante la prova d'esame non è consentito utilizzare un computer e che le prove da svolgere non ne richiedono l'uso.

#16 Vorrei segnalare, a proposito di MATLAB, che nel sito ftp.cnr.it/pub/linux/apps/math/matrix ho trovato la versione per Linux di un programma, Octave, che a detta degli autori è Matlab-compatibile ed è disponibile come eseguibile in formato ELF per Linux o come file sorgenti in Fortran e C++. Ho provato a fargli eseguire alcuni demo per Matlab, ma sembra che abbia dei problemi nell'output di testo, che sembra gestito in modo differente. La parte grafica, invece, pare funzionare, e si appoggia all'ottimo GNUPlot, che deve essere preventivamente installato sul sistema. Guardando qua e là, ho scoperto che fra le funzioni già implementate ve ne sono alcune, come is_controllable() e kalman(), di possibile utilizzazione nel corso di Teoria dei Sistemi. Purtroppo non ho avuto modo di eseguire alcun test sul buon funzionamento del pacchetto, ma conto di tentare al più presto. Se le dovesse interessare e ha a disposizione una macchina Linux, le consiglio di scaricare direttamente l'eseguibile, in quanto ho avuto problemi di librerie nella compilazione del codice C++. (Matteo Fortini)

Tra i tanti pacchetti di software che è possibile reperire su Internet ne esistono alcuni simili o parzialmente compatibili con MATLAB. Octave è uno dei più noti ed è anche, per quanto mi risulta, affidabile; può trovare documentazione su tale pacchetto in vari siti (consiglio l'uso di un motore di ricerca per la loro individuazione). Un ulteriore recente pacchetto, che pure si avvale di GNUplot, è RLaB; la homepage è su http://www.eskimo.com/~ians/rlab.html. Altri pacchetti che sono stati disponibili per qualche tempo (es MEDAL) non risultano più accessibili. È invece ancora reperibile (http://garbo.uwasa.fi/) quella che viene, impropriamente, considerata una versione public domain di MATLAB; riporto quanto ha scritto al riguardo Cleve Moler, autore della prima versione di MATLAB:

From time to time, I see references to, or get requests for, the "public domain" version of MATLAB. I am the original author of MATLAB, and one of the founders of The MathWorks. I would like to explain how I regard "public domain" MATLAB. There are two versions of MATLAB. I wrote the first, which we now refer to as "classic" MATLAB, over the period from 1977 to 1984, while I was on the faculty at the University of New Mexico. It is an interactive matrix laboratory, written in Fortran, which uses some of the subroutines from LINPACK and EISPACK. I distributed a few hundred copies of the source code, usually charging a small service charge, and including a letter requesting that the code not be redistributed. I never used the term "public domain". The second version, written in C by Steve Bangert and John Little, is the basis for a family of products from The MathWorks, Inc., a company which Bangert, Little and I founded in 1985. These products are called PC-MATLAB, Mac-MATLAB, Pro-MATLAB, etc. I obviously recommend that anyone interested in using MATLAB acquire the MathWorks version appropriate for his or her machine. In addition to my commercial interest, I believe the MathWorks versions are preferable scientifically, educationally, and, in the long run, economically. The MathWorks versions:

* Are faster in execution
* Have much better storage management
* Include powerful graphics
* Are extensible and programmable
* Can be expanded with sophisticated "toolboxes"
* Are supported by scientific software professionals

The only feature of classic MATLAB that is not present in modern MATLAB is the "chop" function which allows the simulation of shorter precision arithmetic. It is an interesting curiosity, but it is no substitute for roundoff error analysis and it makes execution very slow, even when it isn't used. I know of several serious bugs in classic MATLAB, particularly in logical and looping operations, but I don't intend to fix them. In fact, there have been no fixes made to the code since about 1982. I stopped distributing any copies myself. The number of computers for which MathWorks MATLAB is not available is declining as old machines are retired and new machine versions are announced. A few other commercial systems, for example SCT's CTRL-C, are based on classic MATLAB. That's OK. CTRL-C, was done with my permission and it helped establish MATLAB in control and systems engineering. Now the company is a worthy competitor. I realize that classic MATLAB is available on a few bulletin boards and through some "freeware" services. In some cases, unauthorized statements about public domain software are included. I have regarded this as a mixed blessing. It certainly gives the MATLAB approach to computing valuable exposure, but I am afraid that some users of classic MATLAB do not realize how inferior it is to the MathWorks products.

Accanto ai pacchetti che potremmo definire MATLAB-like, che possono cioè venire utilizzati sia in una modalità di comando diretto che attraverso programmi costituiti da liste di comandi, esistono poi librerie di sottoprogrammi, disponibili in vari linguaggi, che, potendo venire compilati, risultano più efficienti e, pertanto, preferibili in applicazioni computazionalmente onerose. La raccolta più nota è costituita dalle Numerical Recipes; la relativa home page, dalla quale è possibile scaricare tanto i listati quanto il relativo libro (stampato dalla Cambridge University Press) si trova su http://cfata2.harvard.edu/nr/nrhome.html.

Nell'ambito del corso di Teoria dei Sistemi preferisco fare riferimento a MATLAB sia per la buona robustezza numerica di tale software sia perché, trattandosi di uno standard internazionale de facto sia a livello accademico che industriale, la conoscenza di tale ambiente risulta vantaggiosa per gli allievi. Va inoltre considerato che, essendo MATLAB disponibile per la virtuale totalità delle attuali piattaforme, un programma sviluppato in tale ambiente può venire utilizzato indifferentemente su un PC, un MacIntosh, una workstation UNIX od un mainframe e che sono disponibili pacchetti specifici che ampliano considerevolmente le possibilità di utilizzazione di MATLAB in settori specifici (es. Controlli automatici, Elaborazione e filtraggio dei segnali ecc.).

#17 Matlab, una volta aggiustato il file batch di lancio (MATLAB.M) funziona che è una meraviglia, però forse c'è un problema. Nella soluzione della seconda domanda dell'esercizio 1 del testo Teoria dei Sistemi: Esercizi e Applicazioni, la matrice di osservabilità, Q, è data da

 0  0  1  0  0
 0  0  0  1  0
 0  0  1  0  1
 0  0  0  1  2
 0  0  1  0  2
 0  0  0  1  4
 0  0  1  0  3
 0  0  0  1  6
 0  0  1  0  4
 0  0  0  1  8

ed il comando null(Q) fornisce la risposta

 -0.6220
  0.7830
  0.0000
 -0.0000
 -0.0000

anziché, come è direttamente evidente,

  1  0
  0  1
  0  0
  0  0
  0  0

Oddio, i conti non tornano proprio !!! (Gianluca Romeo)

A lezione ho introdotto alcune caratteristiche di MATLAB ma non abbiamo avuto il tempo di esaminare particolari operativi importanti (che vedremo domani). Uno di questi riguarda il settaggio dello zero algoritmico, memorizzato da MATLAB nella variabile eps e posto, inizialmente, eguale allo zero di macchina. Provi, dopo avere avviato MATLAB, a battere il comando "eps"; le verrà visualizzato un valore intorno a 10-16 che va alzato prima di effettuare calcoli ove siano presenti operazioni che danno luogo ad arrotondamenti; i valori che si usano normalmente sono compresi tra 10-9 e 10-6. Provi ad introdurre il comando eps=1e-9 e a ricalcolare null(Q); vedrà che il risultato questa volta sarà corretto; non si aspetti però di ricavare sempre le basi cui si pensa immediatamente nel calcolo manuale; quelle che vengono estratte derivano dalla implementazione di algoritmi che antepongono la robustezza numerica alla semplicità.

#18 Conoscendo la forma di Jordan è possibile scrivere direttamente il polinomio minimo, perché (se abbiamo ben capito) la molteplicità geometrica di uno zero del polinomio minimo è uguale alla dimensione del massimo blocco di Jordan corrispondente. È possibile anche il passagio inverso, cioè scrivere direttamente la forma di Jordan conoscendo il polinomio minimo e quello caratteristico? (Francesco Mortellaro e Paolo Pericoli).

In generale non è possibile ottenere la forma di Jordan di una matrice in base alla conoscenza del suo polinomio minimo e di quello caratteristico poiché tali polinomi non forniscono alcuna informazione sulla dimensione dei blocchi di Jordan di dimensione diversa da quella massima associati ai singoli autovalori. Si pensi, ad esempio, ad una matrice con polinomio caratteristico p(s)=(s-a)4 e polinomio minimo m(s)=(s-a)2. Il polinomio minimo ci informa che la forma di Jordan avrà un blocco di dimensione due ma non sappiamo se la rimanente molteplicità dell'unico autovalore si distribuisce su un ulteriore blocco di dimensione 2 o su due blocchi di dimensione 1. Naturalmente in casi particolari (es., nel caso precedente, se m(a) fosse stato uguale a (s-a)3) l'operazione può essere possibile.

#19 Mi piacerebbe poter calcolare il polinomio minimo passando per la forma di Jordan. Purtroppo devo avere qualche lacuna nella ricerca della forma di Jordan associata: so che il numero di blocchi di Jordan associati ad un certo autovalore è uguale alla molteplicità geometrica dell'autovalore, ma questo non mi è sufficiente! Si pensi per esempio ad una matrice con autovalori uguali a 5, molteplicità algebrica pari a 4, e molteplicità geometrica 2: la zona dedicata all'autovalore 5 può risultare

                               5  0  0  0              5  1  0  0 
                               0  5  1  0              0  5  0  0 
                               0  0  5  1    oppure    0  0  5  1 
                               0  0  0  5              0  0  0  5 

con risultati diversi per il polinomio minimo: m(L)=(L+5)3 nel primo caso e m(L)=(L+5)2 nell'altro! Come faccio a sapere qual'è la forma giusta? (Gabriele Trombetti)

La molteplicità di un autovalore come zero del polinomio minimo è pari alla dimensione massima dei blocchi di Jordan associati; nota la forma di Jordan è quindi immediato calcolare il polinomio minimo ma non vale la proprietà inversa. Non è infatti possibile, in generale, determinare la forma di Jordan in base alla sola conoscenza della molteplicità di un autovalore come zero del polinomio caratteristico e del numero di blocchi di Jordan associati.

#20 Qual è la condizione necessaria e sufficiente (oltre a quella della definizione) per vedere se due matrici sono simili fra di loro? (Gabriele Trombetti)

Essendo la similitudine una relazione di equivalenza, è possibile verificare se due matrici sono simili trasformando entrambe ad una stessa rappresentazione (es. forma di Jordan, una delle forme compagne, forma triangolare) e controllando se le rappresentazioni ottenute coincidono (a meno di ovvie permutazioni).

#21 La similitudine di matrici conserva il polinomio minimo? Le matrici riportate sopra sono simili o no? (Gabriele Trombetti)

Matrici simili hanno identico spettro, polinomio minimo e forma di Jordan; le matrici precedenti non sono quindi simili.

#22 Come ci deve comportare nel caso in cui l'autovalore minimo della matrice di covarianza abbia molteplicità maggiore di uno nello schema di stima dei minimi quadrati totali? (Gianluca Palli)

In questo caso (di interesse esclusivamente teorico essendo nulla la probabilità che si verifichi con dati reali) la soluzione del metodo dei minimi quadrati totali viene ottenuta minimizzando la norma di Frobenius della matrice delle perturbazioni e non risulta più coincidente con la soluzione del metodo dell'autovettore. Può consultare, se è interessato a questo argomento, il seguente testo: S. Van Huffel e J. Vandewalle, The Total Least Squares Problem: Computational Aspects and Analysis, SIAM, 1991.

#23 L'immagine di una trasformazione lineare T coincide col sottospazio generato dalla colonne della matrice che rappresenta T cioè C(M)=im T; questo risultato deriva praticamente dalla definizione di immagine di una trasformazione lineare cioè M x = b <--> c1 x1 + c2 x2 + ... + cn xn = b dove c1, c2,..., cn sono le colonne di M e x1, x2, ..., xn sono le componenti di x. Inoltre l'immagine della trasposta di M cioè il sottospazio generato dalle righe di M coincide con il complemento ortogonale di Ker T cioè R(M)=im(MT)=complemento_ortogonale(Ker T); questo risultato deriva dal fatto che se si considera il sistema M x = 0 è immediato riconoscere che le righe di M sono ortogonali al vettore x soluzione del sistema cioè 1, x>=0 2, x>=0 ... n, x>=0 quindi interpretando M come la matrice di una trasformazione lineare, si ha che i vettori x che appartengono al nucleo di T sono ortogonali alle righe di M perciò R(M)=complemento_ortogonale(Ker T). Non mi è chiaro, invece, perchè complemento_ortogonale(im T)=Ker(MT) (Luca Scalorbi)

La dimostrazione è esattamente la stessa data da lei e può venire rapidamente condensata: se v è un vettore di ker MT cioè MT v = 0, ciò significa che v ha prodotto scalare nullo con le colonne di M quindi, per definizione di complemento ortogonale, appartiene al complemento ortogonale dell'immagine di T.

#24 Vorrei sapere se l'integrale di una matrice sia uguale alla matrice degli integrali dei vari elementi, se ciò sia vero sotto opportune ipotesi, o se in genere non sia vero. Ho provato a usare la formula precedente per il calcolo dell'integrale di eAt (dove A era una 2x2 triangolare inferiore) e ha dato risultati soddisfacenti se confrontata con A-1(eAt-I). Inoltre (mi corregga se sbaglio):

gamma=V-1*f(lambda,t) ==> gammai=(V-1)i*f(lambda,t)

(V=matrice di Vandermonde, lambda=spettro della matrice, gamma=vettore dei coefficienti del polinomio interpolante, (V-1)i=riga i-esima di V-1)

f(A,t)=Sommai=0,..,mu-1 gammai*Ai

Sostituendo a gammai l'espressione precedente si può trovare che gli elementi della matrice integrata sono la combinazione lineare degli integrali dei modi della matrice integranda secondo gli stessi coefficienti (dato che l'integrazione è un'operazione lineare). È corretto? (Alessandro Caselli, Wed Dec 29 21:47:08 1999)

Le considerazione da lei fatte sono corrette. Se la matrice A(t) è funzione della variabile scalare t, la sua derivata rispetto a t è proprio la matrice che ha per elementi le derivate rispetto a t degli elementi di A(t). Considerazioni simili valgono per l'integrale.

#25 Se un autovalore a è zero doppio del polinomio caratteristico ed è anche zero doppio del polinomio minimo, nell'esponenziale di matrice compariranno i modi eat e teat; ma se nel polinomio minimo l'autovalore a ha molteplicità unitaria, cosa succede all'esponenziale di matrice? Quali modi metterò nella colonna dei termini noti se uso il metodo del polinomio interpolante? (Tue Jan 4 17:55:13 2000, Gianluca Lucente

I modi sono legati solo alla molteplicità degli zeri del polinomio minimo quindi nel caso da lei indicato comparirà il solo modo eat. Questo stesso modo sarà poi l'unico da inserire nel vettore dei termini noti che, non si dimentichi, ha dimensione pari all'ordine del polinomio minimo.

#26 È possibile calcolare l'inversa di una matrice singolare o rettangolare? Come? (Wed Jan 5 10:50:40 2000, R.R.)

Le inverse si definiscono solo per le matrici quadrate e non singolari. Per ogni matrice è invece possibile calcolare l'inversa generalizzata o pseudoinversa, come abbiamo visto a lezione; la pseudoinvesa di una matrice coincide poi con l'inversa per le matrici quadrate e non singolari. Attenzione anche a non confondere il concetto di inversa di una matrice con quello di immagine inversa secondo la trasformazione lineare descritta da una matrice; l'immagine inversa può venire calcolata anche per le trasformazioni lineari descritte da matrici singolari o non quadrate.

#27 Perchè la matrice identità è idempotente (In=I)? (Wed Jan 5 10:50:40 2000, R.R.)

Una matrice M viene definita idempotente di ordine k quando Mk=M. Nel caso dell'identità tale proprietà vale per qualunque k quindi la matrice identità è idempotente di ogni ordine.

 

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