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#1
Non ho capito come varia la stabilità interconnettendo due sistemi in
parallelo o in cascata; in particolar modo non ho capito perché la
connesione in parallelo di due sistemi dinamici lineari e stazionari
semplicemente stabili dia un sistema ancora semplicemente stabile, mentre
ciò risulta non vero per sistemi connessi in cascata.
(Mirko Tedaldi)
Le considerazioni sulla stabilità di due sistemi collegati in parallelo
possono venire dedotte in maniera molto semplice considerando, come abbiamo
fatto a lezione, la struttura della matrice dinamica del parallelo che risulta
diagonale a blocchi con le singole matrici dinamiche dei due sistemi come
blocchi. L'insieme di conseguenze algebriche sugli autovalori, sul polinomio
caratteristico e su quello minimo seguono in maniera immediata considerando,
ad esempio, tali matrici in forma di Jordan (anche la matrice
totale risulta in tale forma) e ricordando i legami tra forma di Jordan
e molteplicità degli autovalori come zeri del polinomio minimo.
La stessa via può venire seguita per sistemi collegati in cascata
osservando che in tale caso la matrice dinamica della interconnessione
è triangolare a blocchi e che può pertanto variare la
dimensione dei blocchi di Jordan associati allo stesso autovalore (se
presente nelle
matrici dinamiche di entrambi i sistemi). Si ponga tuttavia attenzione al
fatto che questa è solo una possibilità (la sua domanda
sembra infatti implicare che due sistemi semplicemente stabili collegati
in cascata diano sempre luogo ad un sistema instabile).
#2
Non mi sono chiari alcuni aspetti relativi alle tabelle di compatiblità
e di implicazione sui diversi tipi di stabilità per i sistemi dinamici
lineari e stazionari ed i legami tra stabilità semplice e asintotica.
(Mirko Tedaldi)
La chiave di interpretazione dei legami tra i diversi tipi di stabilità
è la scomposizione canonica di Kalman ricordando che la stabilità
semplice e quella asintotica riguardano i modi presenti in tutti i blocchi,
quella i.l.s.l. i modi della sola parte raggiungibile e la i.l.u.l. quelli
della sola
parte raggiungibile e osservabile. Definiamo poi, per evitare ogni equivoco,
semplicemente stabile un sistema che presenti modi semplicemente stabili
(e che non presenti, ovviamente, modi instabili); i modi di un sistema
semplicemente stabile saranno quindi semplicemente stabili e asintoticamente
stabili.
In un sistema asintoticamente stabile tutti i modi dovranno invece essere
asintoticamente stabili. Da tali definizioni è immediato dedurre
implicazioni e compatibilità.
#3
Non ho ben capito
l'Errata Corrige
del libro Teoria dei Sistemi: Test commentati e risolti, relativa
alla pagina
7.28; probabilmente il conteggio delle righe deve essere effettuato
dal basso e non dall'alto, come è invece indicato.
Però se così fosse, sarebbe corretta l'affermazione
che un sistema, lineare e stazionario, discreto e stabile i.l.s.l.,
è anche asintoticamente stabile se è completamente
controllabile, il che non è vero dato che la completa
controllabilitè non implica necessariamente la completa
raggiungibilità. (Mirko Tedaldi)
Le righe vanno, in effetti, contate dal basso (la tredicesima dall'alto non
contiene risposte). Ciò posto, la risposta B è corretta
non perché la completa controllabilità implichi (nei
sistemi discreti) la completa raggiungibilità, ma perché,
in un sistema lineare stazionario discreto completamente controllabile e
stabile i.l.s.l., tutti i modi della parte non raggiungibile risultano
necessariamente asintoticamente stabili. La domanda in oggetto non è
tra le più facili.
#4
Nella definizione di stabilità semplice, noi diciamo che
per ogni epsilon > 0 esiste un eta > 0 tale che la
norma della differenza tra moto di riferimento e moto perturbato,
dx1, risulti minore di epsilon se la perturbazione
dello stato iniziale, dx0, è, in norma, minore di
eta. In altre parole, possiamo rendere la perturbazione sul moto
piccola a piacere, in ogni istante, se scegliamo una perturbazione
dello stato iniziale sufficientemente piccola.
Domanda 1:
Dire che una grandezza può essere resa piccola a piacere non
equivale a dire che tende a zero? Più precisamente, si può
scrivere:
stabilità semplice <=> lim ||dx1(t)||=0
||dx0||->0
stabilità asintotica <=> lim ||dx1(t)||=0 e lim ||dx1(t)||=0 ?
||dx0||->0 t->oo
Domanda 2:
Non sarebbe più corretto definire la stabilità semplice
nel seguente modo: esistono epsilon, eta > 0 tali che
risulti ||dx1(t)|| minore di epsilon per t
maggiore di t0 per ogni dx0 tale che
||dx0||
sia minore di eta ovvero: se scegliamo una perturbazione dello stato
iniziale sufficientemente piccola, allora la perturbazione sul moto
rimane limitata?
Domanda 3:
Con la definizione data a lezione non riesco a capire perché la
stabilità semplice non implichi la stabilità asintotica,
visto che, se ||dx1(t)|| può essere resa piccola
a piacere per t>t0, in particolare potrà essere resa
piccola a piacere per t->oo.
Domanda 4:
Come mai nelle rappresentazioni grafiche prendiamo sempre epsilon >
eta, visto che nella definizione non è specificato?
(Lucia Strappa)
Le definizioni che lei propone nella Domanda 1 sono essenzialmente
equivalenti a quelle usuali. La formulazione proposta nella Domanda 2,
invece, non evidenzia l'arbitrarietà di epsilon e la dipendenza
di eta da epsilon. La stabilità semplice poi
(Domanda 3) non implica affatto quella asintotica perché
in un moto asintoticamente stabile la perturbazione deve tendere a zero
per t tendente all'infinito indipendentemente dalla perturbazione
dello stato inziziale cioè anche in presenza di perturbazioni
rilevanti dello stato iniziale (che risultino, ovviamente, all'interno
del dominio di stabilità asintotica del moto stesso). Eta,
infine, non può essere maggiore di epsilon perché,
diversamente, la perturbazione del moto non risulterebbe, in norma, minore
di epsilon per t=t0.
#5
Con riferimento alla R3) non ho capito perché
in un sistema lineare stazionario discreto
completamente controllabile e stabile ilsl, i modi della
parte non raggiungibile risultano necessariamente
asintoticamente stabili. (Matteo Meucci)
Se esistessero modi non asintoticamente stabili nella parte non
raggiungibile, quindi non influenzata dall'ingresso, esisterebbero
stati iniziali che darebbero luogo a moti instabili non riconducibili
all'origine mediante l'applicazione di una opportuna funzione di
ingresso. Facendo riferimento alla scomposizione canonica di Kalman,
basta osservare che i moti della parte non raggiungibile sono sempre
moti liberi; perché tali moti tendano all'origine occorre che
tale parte sia asintoticamente stabile.
#6
Se ho un sistema di Liapunov il cui stato, per t tendente all'infinito,
tende allo stato zero ma non lo raggiunge mai, ho, per il sistema di
partenza, stabilità semplice o asintotica? (Marcello Romani)
Non è chiaro a che sistema lei faccia riferimento (non abbiamo
definito alcun sistema di Liapunov). Se sta facendo riferimento al
Criterio di Liapunov ridotto ed alle condizioni di stabilità sul
modello linearizzato, la stabilità asintotica di tale modello
(che implica il tendere a zero, per t tendente all'infinito,
del moto generato da qualunque stato iniziale diverso da zero) implica
la stabilità dello stato di equilibrio del sistema studiato
rispetto al quale è stata effettuata la linearizzazione.
#7
Non ho capito perché, nel definire la stabilità asintotica
dello stato di un sistema di Liapunov, si specifica sempre che tale stato
deve anche essere semplicemente stabile. In altre parole, la condizione
necessaria affinché ci sia stabilità asintotica non implica
automaticamente che sia verificata la condizione di stabilità semplice?
(Marcello Romani)
Vale anche qui quanto osservato nella risposta precedente (sistema di
Liapunov?) e mi sembra che nella sua domanda si mescolino concetti
diversi (definizione di stabilità asintotica e Criterio di Liapunov).
Mi sembra comunque che il nucleo della domanda sia questo: perché ci
preoccupiamo di affermare la condizione relativa alla stabilità
semplice quando definiamo la stabilità asintotica? Il motivo è
abbastanza semplice: la sola condizione per t tendente all'infinito non
fornisce alcuna informazione sul comportamento dello stato a partire
dall'istante iniziale; la stabilità asintotica di un moto richiede
invece, oltre ad un comportamento asintotico, anche che la differenza tra
il moto perturbato e quello di riferimento
rimanga limitata e possa venire resa piccola a piacere limitando opportunamente
la perturbazione iniziale dello stato per qualunque istante di tempo.
#8
A pagina 117 del libro di teoria, viene data la definizione di funzione
di Liapunov. Il punto ii) implica che dV(x)/dt sia >0 in x=0.
Nel caso della stabilità asintotica, in cui dV(x)/dt<0 per ogni x,
questo non implica una discontinuità di V(x) in x=0?
(Marcello Romani)
La condizione riportata dal testo a pag. 117 (riga 14 dall'alto) è,
correttamente, dV(x)/dt <= 0 e non quella da lei citata.
#9
Quando a lezione ha trattato il criterio di instabilità di Liapunov devo aver
trascritto male gli appunti. Purtroppo né sul testo di teoria, né sugli appunti
integrativi sulla stabilità viene toccato l'argomento:
dove posso procurarmi le informazioni che mi interessano? O ciò di cui sto parlando
non è un teorema, ma una semplice osservazione fatta a lezione? (Alessandro Caselli,
Wed Dec 29 21:36:33)
Può trovare il criterio di instabilità di Liapunov e quello, meno noto, di Cetaev su vari testi, ad
esempio su Appunti di Teoria dei Sistemi di E. Fornasini e G. Marchesini,
Edizioni Libreria Progetto, Padova, 1988.
L'argomento non è, comunque, incluso nel programma del corso e per questo motivo non
ne ho inclusa alcuna descrizione negli Appunti integrativi.
#10
Purtroppo ho perso la lezione in cui ha trattato i criteri di Liapunov, ma ho
comunque recuperato il materiale sul server. Ci sono però due cose che non mi sono chiare:
1) come si fa a passare da
dx1(t)=fi(t,t0,x0+dx0,u(.))-x(t)
a d/dt(dx1(t))=f(x(t)+dx1(t),u(t),t)-f(x(t),u(t),t), in
particolare non ho capito il passaggio da fi con argomento
x0+dx0 a f con argomento x(t)+dx1(t).
Stessi dubbi anche per la dy1(t), ma credo che risolvendo quelli relativi
alla dx1(t) siano automaticamente risolti anche quelli relativi alla
dy1(t). (Rif. osservazione 4.3 degli appunti integrativi sulla stabilità
scaricati dal server)
2) Sempre gli appunti poco oltre il punto precedente, recitano che "essendo f e g note e
u(.) assegnato, si possono scrivere le relazioni precedenti nella forma
d/dt(dx1(t))=f1(dx1(t),t),
dy1(t)=g1(dx1(t),t). Nel- l'espressione di
dy1(t) non dovrebbe comparire anche la risposta di riferimento sottratta
alla g1? Io ho capito che la d/dt(dx1(t)) si ricava derivando
l'espressione della dx1(t) e tenendo conto del fatto che la f1 è
soluzione della f: derivando il termine di riferimento, essendo caratterizzato da
parametri fissati, si annulla e resta la quantità indicata.
Nel caso della dy1(t), però, non si deriva nulla e non riesco a capire
perchè il termine di riferimento si sia ugualmente annullato...
(Raffaele Landolfi, Mon 27 Dec 22:32:19 1999)
1) L'espressione d/dt(dx1(t))=f(x(t)+dx1(t),u(t),t)-f(x(t),u(t),t)
da lei citata deriva, come chiaramente indicato negli appunti, dalle (21)-(22) cioè
dall'uso di un modello differenziale che, come sappiamo, può sempre venire associato
ad un modello costituito dalla funzione di transizione dello stato e dalla funzione
di uscita sotto le condizioni descritte dal Teorema di esistenza e unicità (della
soluzione di un'equazione differenziale). Riveda quindi non tanto la parte relativa
alla stabilità quanto quella iniziale del corso, relativa ai possibili modelli per
i sistemi dinamici.
2) La risposta di riferimento, in quanto nota, viene inserita nella struttura della
g1(t) (grazie alla dipendenza dal tempo di tale funzione).
#11
Negli Appunti integrativi sulla stabilità, dopo la condizione (7) è presente la seguente
osservazione:
Si noti come una stessa risposta possa corrispondere a più moti di riferimento. Visto il parallelo con la
Definizione 1.1, si potrebbe anche osservare che una stessa traiettoria delle uscite può corrispondere a più
risposte di riferimento? (Tue Jan 4 10:02:17 2000, Claudio Beltrani)
L'osservazione che lei propone è corretta. Come esempio di riferimento può considerare il caso, visto a
lezione, della biglia inserita in una guida parabolica e soggetta alla forza peso e ad un ingresso in grado
di bilanciare, parzialmente o totalmente, la forza peso.
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